Aggiornato il 25 Aprile 2023
Un dato fondamentale dell’analisi di break even point è il prezzo unitario.
Esso è il frutto di decisioni economiche e strategiche, le quali possono avere forti impatti sulla durabilità dell’impresa nel lungo periodo. In un mercato di prodotti tutti uguali o molto simili tra loro, caratterizzato da una molteplicità di aziende che si contendono la quota di mercato totale (come nel caso delle materie prime: petrolio, frumento, cacao…), l’impresa non ha la possibilità di determinare il prezzo: essa non può che accettare i prezzi stabiliti dal mercato, definendosi così “price-taker”. In un mercato con prodotti molto differenziati e la qualità è frutto di molteplici caratteristiche del prodotto, il prezzo è manovrabile, diventando così un elemento fondamentale per la strategia e il raggiungimento del punto di pareggio. Il compito del marketing quello di definire un prezzo che rifletta il valore percepito dai clienti, pur restando sopra i costi di produzione
C < P ≤ Vp
Dove
C = costi
P = prezzo
Vp = valore percepito dal cliente.
Si distinguono tre tipologie di prezzo
-Premium price: identifica i prodotti di qualità superiore o semplicemente i prodotti che riescono a far percepire più valore al cliente (distribuzione veloce, packaging attrattivo…);
-Prezzo di riferimento: è il prezzo adottato dalla marca leader, ossia quella che ha maggior quota di mercato;
-Primo prezzo: adottato da chi non ha una marca nota e i beni venduti sono di qualità inferiore.
Per la determinazione del prezzo di vendita si può scegliere tra due strategie
-Determinazione del prezzo in base ai costi fissi e variabili stimati;
-Determinazione del prezzo prima della valutazione dei costi.
Mentre la prima scelta è più di tipo economico, la seconda pone più attenzione verso la strategia di prezzo (pricing). Secondo alcuni autori (tra cui Chan e Mauborgne) la metodologia da preferire è la seconda: prima bisogna definire il prezzo, in modo tale che esso possa essere strategico nel mercato di riferimento, dopo si prosegue a confrontare il prezzo con i costi interni, al fine di valutare la sostenibilità economica.
Prezzo strategico -> target di profitto -> target di costo
La sequenza strategica di “oceano blu”, ossia della strategia per vincere al meglio la concorrenza senza competere in modo diretto (oceano rosso), è la seguente:
-Analizzare l’utilità per il cliente: l’idea di business offre al cliente un’utilità eccezionale?
-Prezzo: il prezzo è facilmente accessibile alla maggior parte dei clienti?
-Costo: si analizza dopo il prezzo, il quale rappresenta la parte maggiormente strategica. Si può quindi raggiungere il target di costo (target costing), generando un profitto con il pricing strategico?
-Adozione: nella realizzazione dell’idea di business, quali sono gli ostacoli a livello di adozione e implementazione? Li si stanno affrontando consapevolmente sin dall’inizio?
Se la sequenza rispettata è la seguente e le risposte alle quattro domande sono tutte “sì”, secondo Chan e Mauborgne, il risultato è un’idea commercialmente fattibile che promette di creare nuovi spazi di mercato.
Gli elementi di cui tenere conto per la determinazione del prezzo sono un mix tra fattori esterni e fattori interni. I fattori esterni sono
Valore percepito dal cliente
La fiducia che un cliente accorda al marchio, i benefici che il cliente ritiene di poter ottenere da un prodotto, i pericoli che possono derivare dalla scelta di un marchio meno conosciuto sono fattori che influiscono sul valore percepito dal cliente. Il valore percepito deve essere sempre maggiore o uguale alla disponibilità a pagare del cliente (willingness to pay): solo in questo caso il cliente si può considerare soddisfatto. La disponibilità a pagare, ossia l’ammontare di risorse economiche che il cliente è disposto a sacrificare per l’acquisto di un bene o servizio, è meglio rappresentata dalla curva di domanda individuale
La linea della curva indica la massima disponibilità a pagare del consumatore per una certa quantità di beni o servizi. I punti del piano cartesiano oltre la linea, indicano tutte le combinazioni prezzo-quantità in cui il cliente non è disposto a comprare.
Elasticità della domanda
Per una serie di ragioni, mercati differenti reagiscono in maniera diversa alle variazioni di prezzo. Esistono categorie di beni per le quali un lieve aumento di prezzo comporta una drastica caduta della quantità venduta, altri beni che rappresentano quasi indifferenza alle variazioni di prezzo.
I casi limite di elasticità vengono definiti come: domanda perfettamente elastica e domanda perfettamente anelastica o rigida.
Una domanda perfettamente elastica comporta un azzeramento della quantità venduta in seguito a una minima variazione di prezzo. La domanda perfetta mente anelastica rappresenta la totale indifferenza della quantità venduta rispetto al prezzo.
Essendo casi limite, nella realtà sono di difficile applicazione, seppur alcuni beni si avvicinano a queste situazioni: beni sostituti tendono ad avere una domanda molto elastica (e.g. burro e margarina); i beni di lusso, rivolgendosi a un pubblico decisamente molto benestante, tendono ad avere una domanda di mercato prevalentemente anelastica (e.g. supercar). Mentre quindi l’aumento di cinque euro sul burro potrebbe ridurre di molto la quantità venduta, un aumento di cinquecento euro su una supercar, potrebbe mantenere invariata la quota di mercato.
Per calcolare l’elasticità si prosegue come illustrato
L’elasticità della domanda la prezzo è determinata da fattori quali
-la sostituibilità del bene: maggior la possibilità di sostituire il bene con beni succedanei, maggiore l’elasticità;
-quota destinata al bene all’interno del bilancio: maggiore la quota di reddito spesa nell’acquisto del bene, maggiore l’elasticità;
-orizzonte temporale: più lungo l’orizzonte temporale di riferimento, maggiore la possibilità della variazione di abitudini di consumo e quindi maggiore elasticità: elasticità di lungo periodo > elasticità di breve periodo.
Talvolta, le imprese operanti in più mercati facilmente distinguibili e poco comunicativi, sfruttano la differente elasticità della domanda per applicare diversi prezzi allo stesso prodotto in base alle caratteristiche di ciascun mercato.
Il comportamento della concorrenza.
Quando l’impresa fissa il prezzo, deve analizzare il comportamento dei concorrenti e quindi, la struttura e la tipologia di mercato in cui opera. Per esempio, un oligopolista con pochi concorrenti, potrebbe cercare di sfruttare la favorevole situazione concorrenziale per fissare un prezzo molto alto, mentre un prezzo molto basso per rendere meno attrattivo il mercato ai nuovi concorrenti potenziali entranti.
Il fattore interno che bisogna analizzare per fissare una corretta strategia di prezzo è il costo di produzione. Valutare i costi è fondamentale per raggiungere una situazione di equilibrio economico, assicurato dalla concomitanza di almeno due condizioni
-un risultato economico positivo dell’intera gestione dato dalla differenza tra il totale dei ricavi e il totale dei costi. Risulta essere il reddito netto d’esercizio che permette, infatti, di remunerare il capitale di rischio conferito dai soci d’impresa ed è lo stesso reddito d’esercizio che rende l’impresa meno dipendente da fonti di finanziamento esterne (autofinanziamento)
-un risultato operativo positivo, indice della capacità dell’impresa di realizzare un valore dei beni ottenuti superiore al valore delle risorse impiegate per produrli.
Alla luce di tali considerazioni, assume un valore decisivo il concetto di costo di produzione, il quale si riferisce ai soli costi della gestione caratteristica. Elevati costi fissi e variabili, inoltre, aumentano la difficoltà a raggiungere il punto di pareggio (break even point).
Oltre ai costi di produzione, si deve tenere conto della strategia di prezzo che si vuole adottare, ossia il posizionamento del prodotto sul mercato e il target di clientela di riferimento.