Aggiornato il 30 Aprile 2023
In questa guida spieghiamo quali sono gli indici che permettono di valutare l’equilibrio di breve periodo di un’impresa.
Questi indici mettono a rapporto voci dello stato patrimoniale inerenti l’attivo ed il passivo a breve, unitamente ad alcune poste del conto economico
questo (detto anche quoziente di disponibilità) verifica la capacità di far fronte nel breve periodo alle obbligazioni assunte nello stesso arco temporale verso il personale e i terzi.
Se il rapporto è maggiore di 1 (in valore assoluto) l’attivo disponibile è maggiore del passivo esigibile e l’azienda è potenzialmente in grado di soddisfare gli impegni a breve, con l’utilizzo delle attività a breve.
detto anche acid test, costituisce una misura più prudenziale del precedente, in quanto vengono sottratte le scorte che spesso includono prodotti finiti obsoleti o comunque difficilmente smobilizzabili in breve tempo: il numeratore rappresenta quella parte di attività realmente pronta per soddisfare le esigenze di breve.
Se è maggiore di 1 le ipotesi precedenti sono ulteriormente avvalorate
al numeratore abbiamo i crediti complessivi esistenti ad una certa data ed al denominatore il totale delle vendite a credito dell’esercizio nei 365 giorni annuali.
Il risultato ci informa su quanto tempo intercorre in media dalla vendita all’incasso, questo valore è un buon indicatore sia della competitività, sia del fabbisogno finanziario: un elevato valore può indicare un limitato potere contrattuale verso i clienti, ma anche una loro scarsa solidità. Per esprimere un giudizio efficace è però necessario confrontare il valore ottenuto sia con quello dei concorrenti, sia con quello degli esercizi passati.
Sotto il profilo finanziario un aumento comporta un maggior investimento in capitale circolante quindi maggior fabbisogno finanziario, quindi maggiori oneri finanziari.
Un limite deriva dal fatto che l’indice dipende dalle fluttuazioni delle vendite nei vari periodi dell’anno: i crediti v/clienti si riferiscono ad un preciso istante, se questo varia in base alla stagionalità delle vendite, l’indice non è molto veritiero (questo limite si può superare frazionando l’anno in dodici, ma rimane comunque in parte inattendibile).
fornisce indicazioni sulla competitività e sul fabbisogno finanziario: i giorni che intercorrono tra la fornitura ed il pagamento sono indice del potere contrattuale dell’azienda nei confronti dei fornitori: maggiore è il suo valore minore è l’investimento in capitale circolante e quindi minore è il fabbisogno finanziario.
è un dato grezzo perché le scorte comprendono sia prodotti finiti che semilavorati e materie prime; meglio quindi calcolare i tre diversi aggregati
Sono così costruiti per mettere a rapporto grandezze omogenee.
I primi due sono indicatori dell’efficienza produttiva dell’impresa: un’elevata rotazione per esempio di materie prime è sintomo di buon coordinamento tra gestione degli acquisti e diverse fasi della produzione. Il terzo misura l’efficacia dell’attività commerciale (anche in questo caso la giacenza media dipende dal tipo di prodotti finiti).
La somma dei giorni di giacenza del prodotto delle tre fasi determina il tempo medio complessivo di giacenza delle scorte, che indica il periodo intercorso dall’immagazzinamento della materia prima alla spedizione del prodotto finito.
Importanti inoltre gli effetti finanziari della detenzione di un dato volume di scorte: una giacenza di magazzino prolungata nel tempo è testimonianza di un’elevata somma di danaro immobilizzata in un’attività priva di redditività immediata.
Ciclo del circolante = TMI + TMGS – TMP
l’indice indica il numero di giorni che intercorrono in media tra il momento in cui vengono pagati i fornitori e quello in cui vengono incassati i crediti da clienti per la vendita dei prodotti finiti. Indicatore poco usato ma che permette di utilizzare dati statici (i quozienti) per avere informazioni dinamiche, permette cioè di determinare il potenziale fabbisogno finanziario generato dalla gestione caratteristica.