Aggiornato il 30 Aprile 2023
A causa della crisi e dell’impellente necessità di ottimizzare le risorse e veder crescere il fatturato, cresce l’interesse delle aziende verso l’analisi predittiva. Versione scientifica della sfera di cristallo, l’analisi predittiva è grandemente usata soprattutto nella distribuzione. Con l’ausilio di sofisticati algoritmi basati su modelli statistici, questa disciplina è in grado di determinare quali siano le migliori promozioni da offrire ai propri clienti, in che modo sarebbe più produttivo modifiche i prezzi di alcuni prodotti e come le campagne pubblicitarie potrebbero influire positivamente sul business di un’azienda.
Secondo un questionario condotto dall’Economist Intelligence Unit le compagnie che stanno usando metodi di analisi predittiva sono meno del 33%, ma ben il 70% sta prendendo in considerazione di avvicinarsi a questa disciplina dei prossimi tre anni. Una bella presa di coscienza. Le aziende che più delle altre si stanno accorgendo dell’importanza di questo nuovo metodo di analisi sono quelle del comparto dei beni di largo consumo confezionati e le grandi imprese del settore B2C, come anche quelle del B2B.
Prima dell’avvento dell’analisi predittiva, l’unico modello su cui ci si basava per prendere decisioni strategiche in azienda era l’analisi descrittiva: in cosa differiscono? L’Analisi descrittiva – nota anche come “business intelligence” – permette di prendere decisioni in base a fatti misurabili in quanto già accaduti (quanti nuovi clienti abbiamo ottenuto lo scorso bimestre dopo la campagna di viral marketing?), mentre l’analisi predittiva fa si che, partendo da una serie di dati, si possa ipotizzare quali siano le migliori azioni da intraprendere per una futura scelta di business vincente (quali saranno i prodotti più venduti della prossima stagionie, sui quali far concentrare buona parte dei cervelli all’ufficio marketing?).
I principali benefici che l’analisi predittiva può apportare in azienda? Eccoli
Il consumatore non lo sa, ma ha bisogno di un aiutino
Uno degli aspetti vincenti dell’analisi predittiva è la possibilità di suggerire al consumatore prodotti che potrebbero fare la caso suo, sulla base degli acquisti che fa. Un esempio italiano? Basta aver fatto sul sito Feltrinelli, per essersi resi conto – una volta effettuato il login – di quanti libri “che potrebbero piacerci” esistono al mondo, senza che noi ne fossimo venuti a conoscenza fino a quel momento! Infatti è il sito stesso a dirci “ti proponiamo in base ai tuoi gusti…” seguito da un sfilza di titoli effettivamente affini ai nostri recenti acquisti. Il risultato: il cliente compra più prodotti, sentendosi gratificato nell’aver scoperto novità interessanti (dedicate proprio a lui e ai suoi gusti particolari) e soddisfatto per aver risparmiato per le spese di consegna.
Seminate buone previsioni e la stagione del raccolto sarà ricca (di vendite)
I dettaglianti solitamente aspettano che il ciclo di vendita della stagione si chiuda per poi fare delle stime sull’andamento trascorso e ottenere informazioni su quali tipi di prodotto abbiano avuto più successo tra i clienti. Bene: sappiate che i modelli di analisi predittiva basati sui primi dati di vendita sono la strada migliore da percorrere per vincere questa sfida in modo intelligente (e scientificamente provato). Un’attenta analisi – che si ponga come obiettivo quello di prevedere i trend del prossimo futuro nel nostro comparto di riferimento e in relazione al nostro target di clientela – può costituire un’ottima base scientifica su cui fondare e strutturare le decisioni relative alla pianificazione di produzione, acquisto e assortimento per la prossima stagione.
Dimmi dove vai e ti dirò cosa comprerai
L’analisi predittiva dei dati POS, tag Rfid posti sui carrelli della spesa per tracciarne il movimento all’interno del punto vendita e una corretta Market-Basket Analysis (attraverso la quale si analizzano le abitudini di acquisto dei clienti con lo scopo di trovare collegamenti tra le diverse tipologie di prodotti acquistati) possono aiutare i rivenditori a sbrogliare la complicata matassa del percorso che gli acquirenti fanno lungo il punto vendita durante lo shopping. È stato dimostrato che il tempo medio speso per comprare il latte è di cinque secondi, contro i novanta necessari per selezionare una bottiglia di vino. Comprensibile, d’altronde. Attraverso questi studi si possono ripensare gli allestimenti stessi dei punti vendita, con un notevole beneficio: essendo il negozio più funzionale e “vivibile” l’avventore è più propenso a indugiare a lungo tra gli scaffali (e quindi, con ogni probabilità a comprare di più). Ma grazie alla tecnologia ci si può spingere anche oltre, come ha fatto Kraft: la multinazionale americana, infatti, ha presentato un nuovo chiosco in grado di prevedere istantaneamente quali prodotti un acquirente sarà più propenso ad acquistare, in base all’età e al genere, percepiti grazie a una forma di analisi predittiva basata sulla tecnologia di face-scanning.