Aggiornato il 22 Aprile 2023
Per solidità si intende la valutazione del grado di dipendenza dai soggetti esterni finanziatori, ossia il grado di solvibilità dell’impresa nel lungo periodo. Più l’azienda sarà dipendente da terzi, meno essa sarà considerata solida. Una situazione in cui l’impresa accresce l’incidenza percentuale dei debiti sul fatturato segnala che si sta progressivamente irrigidendo la struttura finanziaria. Questa situazione è molto diffusa nelle piccole e medie imprese (PMI) italiane con un’elevata rigidità delle passività e alti gradi di dipendenza da soggetti terzi finanziatori (elevato tasso di indebitamento).
Per liquidità si intende il grado di solvibilità nel breve periodo.
La redditività, invece, è l’indicatore del rapporto tra i risultati aziendali (diverse configurazioni di reddito) e le diverse configurazioni di capitale investito, ossia l’attitudine della gestione a rimunerare tutti i fattori produttivi.
I principali indicatori per valutare la struttura finanziaria sono
Questo indice segnala la misura in cui l’impresa utilizza il capitale di terzi (o di finanziamento) rispetto al capitale proprio (o capitale sociale). Un indice elevato comporta un elevato indebitamento e, di conseguenza, una restrizione della libertà di amministrazione derivante dai condizionamenti esterni. Il benchmark dell’indice di indebitamento, ossia il risultato che indica una buona salute, è ≈ 1.
Il risultato vicino all’uno indica una stabilità tra l’impiego dei due capitali.
Per completare questo indicatore, bisogna considerare il peso degli oneri finanziari che vengono imposti dall’utilizzo del capitale di terzi. Questa nota aggiuntiva deriva dal fatto che ogni fonte di finanziamento ha una diversa onerosità e quindi, un diverso peso sul debito aziendale. L’istituto dovrà esser in grado di sostenere gli oneri finanziari, per evitare di entrare nel circolo vizioso in cui gli oneri finanziari vengono coperti con altro capitale di terzi.
Per valutare il grado di copertura degli oneri finanziari si utilizza l’indicatore seguente
L’indice segnala di quante volte l’utile netto può diminuire, al lordo delle imposte e degli oneri finanziari, senza incorrere a difficoltà nel corretto pagamento degli interessi passivi.
Per misurare il grado di indebitamento strutturale, ossia quanto ammonta il peso delle passività finanziarie sul capitale proprio, si potrà utilizzare il seguente indicatore
Più il risultato sarà alto, più ci sarà incidenza delle passività finanziarie sul patrimonio netto: un risultato che non può esser considerato positivo per la solidità aziendale.
Nel lungo periodo, per valutare la solvibilità dell’impresa, si utilizza il margine di struttura e l’indice di copertura. Entrambi questi indicatori relazionano il capitale netto e le immobilizzazioni al netto dei rispettivi fondi ammortamento. La domanda a cui si vuole rispondere è la seguente: “quante immobilizzazioni nette si riescono a coprire attraverso l’utilizzo di capitale proprio?”.
La maggioranza delle imprese non copre interamente le proprie immobilizzazioni con il capitale proprio, poiché i costi sono spesso troppo elevati per evitare il ricorso al capitale di terzi.
Un indice di copertura delle immobilizzazioni superiore all’unità (≥1) e un margine di struttura positivo (≥0) indicano una situazione nella quale le immobilizzazioni presenti nelle attività del bilancio sono integralmente coperte dal capitale proprio. Al contrario, si evidenzia un parziale ricordo al finanziamento delle immobilizzazioni con capitale di terzi e quindi sostenendo oneri finanziari. La liquidità generata dai processi di ammortamento verrà, in quest’ultimo caso, destinata a coprire gli interessi passivi derivanti dall’utilizzo di capitale di terzi. Un risultato eccellente, quanto raro, è un indice di copertura delle immobilizzazioni maggiore di uno. In quest’ultimo caso, non solo il capitale netto copre tutte le immobilizzazioni, ma avanzano delle quote da utilizzare per autofinanziamento.
Al fine di quantificare l’eventuale autofinanziamento aziendale, si utilizza l’omonimo indice di autofinanziamento
Dove
L’ultimo indicatore di struttura del capitale e indebitamento che si analizzerà è l’indice di leva finanziaria (financial leverage).
Le imprese di indebitano per far fronte ai diversi investimenti e impieghi. Spesso ricorrono al debito per vantaggi derivanti da costi più bassi rispetto al capitale proprio (o di rischio) oppure per vantaggi fiscali, al fine di abbattere l’utile anteimposte con oneri finanziari passivi (interessi sul debito).
Seppure l’indebitamento sembra un’ottima strada da percorrere, dopo queste iniziali premesse, non sempre lo è. Sicuramente, è vantaggioso indebitarsi quanto più il ROI è maggiore del costo del denaro (ROD, interessi passivi). Nonostante questo, un’azienda, per risultare “sana” e solida agli occhi degli investitori, deve presentare un giusto equilibrio tra capitale di debito e capitale proprio: questo viene misurato dalla leva finanziaria, ossia quanto sfruttiamo il debito in relazione al capitale di rischio.
In sintesi, la leva finanziaria viene utilizzata per indicare il potenziale moltiplicativo esercitato dal debito sui mezzi propri per le politiche di investimento. Infatti, se il rendimento degli investimenti è maggiore dei tassi di interesse pagati per ottenere finanziamenti, questo si traduce in maggiori guadagni a fronte di maggiori investimenti. Questo ragionamento mette in evidenza la relazione tra un indicatore di solidità e il suo impatto sulla redditività aziendale (ROE). Si evidenziano tre possibili risultati
-Se la leva finanziaria assume valore pari a 1 significa che l’azienda non ha fatto ricorso a capitale di terzi (non ha debiti);
-se la leva finanziaria assume valori compresi fra 1 e 2 significa che il capitale proprio è maggiore del capitale di terzi tanto più si avvicina a 2 (es. 1,42 significa che il capitale di debito è del 42% maggiore al capitale proprio);
-se la leva finanziaria assume valori superiori a 2 significa che il capitale di terzi è maggiore del capitale proprio e un numero troppo eccessivo può comportare poca solidità e solvibilità dell’azienda. Risultato: investitori diffidenti.