Aggiornato il 28 Aprile 2023
Nella riclassificazione nota come criterio della liquidità/esigibilità l’elemento discriminante è il tempo: l’obiettivo è infatti quello di raggruppare le attività e le passività secondo il loro tempo di trasformazione in moneta, esponendo le prime in funzione della liquidità decrescente e le altre secondo il grado di esigibilità. Questo tipo di riclassificazione è utilizzato per accertare se c’è corrispondenza tra le scadenze temporali degli investimenti e dei finanziamenti, cioè se c’è equilibrio finanziario.
Primo criterio di riclassificazione: lo stato patrimoniale secondo il criterio della liquidità/esigibilità
Le attività sono divise in 2 macro aggregati (a sx nella tabella)
-attività a breve: tutte le voci che entro l’esercizio potranno trasformarsi in liquidità
immediate: poste che sono già moneta (ad es. cassa e c/c)
differite: crediti di qualsiasi natura (come i crediti verso clienti)
disponibilità: con grado di liquidità più limitato delle altre (rimanenze finali);
-attivo consolidato (o attivo a lungo): comprende tutti gli investimenti di lungo periodo (come le immobilizzazioni).
Tutte le poste dell’attivo per le quali sia stato costituito un corrispondente fondo al passivo saranno esposte al netto del medesimo. La somma delle attività a breve e a lungo determina il totale del capitale investito al netto dei fondi rettificativi.
Le passività sono invece raggruppate in 3 macro categorie (parte dx tabella):
-le passività a breve: debiti con scadenza entro l’esercizio;
-passività consolidate: debiti che non procureranno esborsi entro il breve periodo;
-capitale netto: comprendente capitale sociale, riserve, eventuali utili.
La somma delle passività totali e del netto è ovviamente pari al capitale investito netto.
Le analisi svolte con tale modello sono semplici e consentono raffronti con altre realtà, data la loro popolarità tra gli analisti finanziari. Questo schema offre valide indicazioni soprattutto in due casi
-per uno studio di tipo statico: cioè indirizzato esclusivamente all’analisi della struttura patrimoniale così come si presenta al momento della redazione del bilancio, importante è valutare come sono state reperite ed utilizzate le risorse finanziarie;
-per analisi di soggetti esterni all’azienda: per determinare la capacità di fare fronte agli impegni assunti nel breve periodo e quindi per misurare il grado di equilibrio finanziario al momento della redazione del bilancio.
Secondo criterio di riclassificazione: lo stato patrimoniale secondo il criterio di pertinenza gestionale
Altro criterio è quello della riclassificazione secondo la pertinenza gestionale che mira ad isolare in seno ad attivo e passivo tutte le poste afferenti la gestione corrente, permettendo di far risalire le rimanenti alle altre aree gestionali: quella degli investimenti/disinvestimenti e quella dei finanziamenti/rimborsi.
Partendo dall’analisi delle attività e passività della gestione caratteristica si nota come il ciclo tipico – ricordando che alcune voci come il TFR non insorgono in un momento preciso ma si accumulano – è formato da
-acquisto: acquistando materie prime si crea una giacenza di magazzino e un debito verso fornitori (se il pagamento è differito), come conseguenza della fornitura si genera anche un credito Iva;
-trasformazione: l’azienda produce semilavorati che sono parte delle giacenze di magazzino, anche il fondo TFR ha idealmente origine da questo momento;
-vendita: i prodotti confezionati sono immagazzinati come scorte di prodotti finiti destinati alla vendita, quest’ultima genera un credito verso clienti e un debito di Iva.
Questo ciclo caratteristico può subire delle modifiche, per esempio quando i fornitori richiedono un anticipo o quando il pagamento dei clienti è anticipato.
Tutte le poste originate durante il ciclo caratteristico vengono raggruppate nell’attivo e nel passivo corrente.
La denominazione “a breve” – debito a breve sarà lo scoperto di conto corrente bancario e “corrente” in questo caso è legato alla gestione finanziaria – indica la liquidità e l’esigibilità delle poste entro un breve lasso di tempo, mentre “corrente” non è qui riferito alla dimensione temporale ma è legato alle tre fasi della gestione caratteristica, per esempio l’indebitamento bancario è una scelta di natura finanziaria perché connesso alla dimensione del capitale netto.
Dallo schema precedentemente esposto, si osserva che le attività totali possono essere ripartite in due categorie
-operative: comprendente oltre alle attività correnti (scorte, crediti v/clienti…) tutti quegli immobilizzi funzionali allo svolgimento dell’attività caratteristica (macchinari, brevetti, partecipazioni…);
-non operative: quelle non strettamente collegate allo svolgimento delle operazioni correnti (titoli negoziabili, partecipazioni di natura finanziaria…).
La cassa e i c/c attivi sono esclusi dalle attività correnti anche se alcuni autori parlano di “volano di liquidità” (risorse liquide indispensabili alla gestione quotidiana) perché hanno comunque una scarsa rilevanza dimensionale e sono quindi trascurabili. Infine da segnalare che tutte le poste iscritte nell’attivo sono al netto dei relativi fondi.
Il passivo patrimoniale può considerarsi costituito da tre componenti
-passività correnti: forme di finanziamento strettamente collegate alla gestione caratteristica (debiti v/fornitori, TFR…);
-passività non correnti: debiti contratti per scelte, anche obbligatorie, di natura finanziaria, dette anche passività finanziarie in quanto sono legate alla corresponsione di oneri finanziari
-capitale netto.