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Aggiornato il 29 Aprile 2023
In questa guida spieghiamo definizione e significato di principio di competenza economica.
Il reddito d’esercizio si calcola attraverso l’applicazione del principio della competenza economica. Si tratta di un principio di coerenza logica tra tutti i valori che compongono la tavola del reddito attraverso il quale si possono individuare i componenti positivi e negativi di pertinenza dell’esercizio del quale si vuole determinare il risultato economico, distinguendoli da quelli che, invece, non devono essere inclusi nel calcolo in quanto pertinenza di altri esercizi. Esistono due differenti logiche con le quali tale principio può essere applicato.
Con la prima, i costi e i ricavi di competenza di un certo periodo sono quelli ascrivibili ai processi produttivi avviati in virtù delle iniziative assunte dall’azienda, nonostante, alla chiusura dell’esercizio, essi non siano stati ancora completati. Con tale impostazione è evidente che i ricavi già conseguiti e i costi già sostenuti devono essere integrati con i ricavi e i costi che si prevede di conseguire e sostenere in futuro relativamente ai processi già avviati.
Con la seconda di tali logiche sono considerati di competenza i costi e i ricavi che si riferiscono ai processi produttivi compiuti nell’esercizio considerato, con la precisazione che si ritengono tali soltanto i processi produttivi che si sono chiusi con il conseguimento dei ricavi, sempre che siano state effettuate nel periodo stesso, da parte dell’azienda, anche le relative prestazioni.
Il principio di competenza si scompone in due sotto principi: il principio della realizzazione dei ricavi, relativo ai ricavi finanziariamente conseguiti per i quali sia stata effettuata la relativa prestazione da parte dell’impresa; il principio dell’inerenza dei costi, riguardante i costi relativi alle prestazioni effettuate.
I ricavi possono essere riconosciuti quando si verifichi almeno una delle seguenti due condizioni: il processo produttivo dei beni o dei servizi è stato completato; lo scambio è già avvenuto, si è cioè verificato il passaggio sostanziale e non formale del titolo di proprietà. Tale momento è convenzionalmente rappresentato dalla spedizione o dal momento in cui i servizi sono resi e sono fatturabili.
I costi devono essere correlati ai ricavi dell’esercizio. Tale correlazione costituisce un corollario fondamenta del principio di competenza, esprimendo la necessità di contrapporre ai ricavi dell’esercizio i relativi costi siano essi certi che presunti. Questa correlazione si realizza: per associazione causa ed effetto tra costi e ricavi; Per ripartizione dell’utilità o funzionalità pluriennale su base razionale e sistematica. L’esempio tipico è rappresentato dall’ammortamento; per imputazione diretta di costi al conto economico dell’esercizio o perché associati al tempo o perché sia venuta meno l’utilità o la funzionalità del costo. In particolare quando: i costi sostenuti in un esercizio esauriscono la loro utilità già nell’esercizio stesso o non sia identificabile l’utilità futura; non sia più identificabile l’utilità futura o funzionalità di costi che erano stati sospesi in esercizi precedenti; l’associazione causa effetto su base razionale e sistematica non siano di sostanziale utilità. Per arrivare al reddito di periodo devo individuare i costi e i ricavi di competenza, attraverso l’applicazione del principio di competenza.
Una volta identificati costi e ricavi, passo alla loro quantificazione, una volta saputo il loro ammontare, effettuo una correlazione tra i costi e i ricavi, ottenendo il risultato d’esercizio. Se tale risultato è positivo, avremo un utile, se negativo avremo una perdita.
Attraverso l’applicazione del principio della competenza economica si evince come non tutti i costi e i ricavi conseguiti in un periodo, cioè che hanno avuto manifestazione finanziaria, sono di competenza, ai fini della determinazione del reddito d’esercizio. In particolare i fattori produttivi, a fecondità semplice o ripetuta, ancora utilizzabili per ottenere prodotti vendibili, così come i prodotti ottenuti ma non ancora venduti rappresentano alla fine di un periodo il complesso dei beni e delle utilità economiche di cui l’impresa dispone per svolgere i processi produttivi di periodi futuri.
Operazioni con il problema della competenza economica
Abbiamo due famiglie di costi e ricavi di competenza classificati in base alla v. f.: la prima sono costi e ricavi che hanno avuto manifestazione finanziaria, ma non sono di competenza e la seconda sono costi e ricavi che non hanno avuto manifestazione finanziaria e sono di competenza.
Nella prima classificazione ci saranno: le rimanenze di fattori e di prodotti e i risconti sia attivi sia passivi. I costi e i ricavi che non sono di competenza, faranno parte di esercizi futuri, vanno iscritti nello stato patrimoniale. Le rimanenze di fattori produttivi non generano costi di competenza, poiché tali fattori conservano una propria utilità residua, di fatti essi non sono costi ma investimenti, cioè costo in attesa di realizzo.
L’altra tipologia, cioè i risconti attivi e passivi, si hanno quando vi è un ricavo o costo anticipato, nel caso del risconto passivo io avrò un ricavo anticipato che essendo non di competenza andrà nello stato patrimoniale nelle passività, diversamente il risconto attivo andrà sempre
nello stato patrimoniale ma nelle attività. L’altra tipologia comprende: costi e perdite future presunte, fatture da emettere e da ricevere e ratei attivi e passivi. Nonostante in questi casi la v. f. non si sia verificata abbiamo dei costi e dei ricavi di competenza è come tali iscritto nel conto economico.
Costi e perdite futuri presunte
Le perdite future presunte sono elementi del capitale aziendale e nella fattispecie delle attività del capitale. Tali attività perdono di valore subendo una svalutazione. Invece, i costi futuri presunti hanno natura economica in senso stretto, i quali hanno una duplice caratteristica: di essere futuri, cioè che hanno il problema di determinare la competenza, cioè si verificano in un esercizio e sono o possono essere di competenza di un altro esercizio; e presunti, cioè sono valori soggettivi frutto di calcolo di stime interne all’azienda. Queste operazioni hanno valore soltanto all’interno dell’azienda.
La caratteristica fondamentale dei costi e delle perdite future presunte è quella di essere dei ratei o risconti, non in senso stretto poiché non quantificabili attraverso una formula certa basata sul tempo, bensì in senso lato, proprio perché non essendo calcolati con
una formula precisa essi, non sono certi. Più precisamente i risconti in senso lato attengono al principio della prudenza, mentre il rateo in senso lato consiste in perdite e costi futuri presunti. L’elemento che ci permette di calcolate il rateo in senso lato è la stima del rischio aziendale cui è sottoposta quella specifica operazione che genera il costo o la perdita futura presunta. Il sinonimo di ratei passivi è il costo d’integrazione, chiamato così perché la caratteristica fondamentale di questi valori è che non avendo avuto una V.F., essi, non sono contabilizzati nel nostro bilancio d’esercizio, però secondo il principio di competenza fanno parte della determinazione del reddito d’esercizio e devono essere aggiunti al totale dei costi e ricavi di competenza. L’aggiungere questi valori ai costi e ricavi già di competenza determina l’integrazione. Abbiamo due elementi
che mettono insieme i costi e le perdite future presunte: il primo elemento è l’incertezza riguardante il manifestarsi della V.F. ; il secondo è che è incerto anche il valore di questi fatti di gestione. Infatti, il calcolo di tali operazioni è solo presunto frutto di stime soggettive.